Quell’architetto che alberga in ognuno di noi…

Quell’architetto che alberga in ognuno di noi…che fa bene a non uscire!

Qualche giorno fa mi trovavo da Ikea, tra i vari tavolini bassi, quelli che tutti abbiamo in casa, rossi, marrone-nero, bianchi, spuntano due nuovi colori, che, per una senza sfumature come me, definirei arancione pallido e verde tra lo scuro e il chiaro, ma che per chi studia sono probabilmente qualcosa come tramonto e balena.

Beh, stavano benissimo assieme.
Li volevo per me, per impilarli a casa mia, per aggiungere un tocco di colore.

Ma. C’era un ma.

A casa mia nulla, nessun arredo, nessun elemento, niente di niente richiamano i colori di quei tavolini: c’è rosso, marrone, beige, blu, rosa, non tramonto di balena o balena al tramonto.

kitch

Premessa prima di continuare a leggere: io non sono architetto.
Si lo so che questo è un blog di architettura, di interior design, pardon…ma passavo di qui e le ragazze, mosse a pietà (o forse dopo aver visto un tentativo di trasformare un pacifico sgabello color legno chiaro in un enorme puffo con lo spray blu lacca), hanno deciso di tentare un recupero, estremo certo, ma fa loro onore.

Quindi dicevamo che da quando ho visto quei due tavolini ho iniziato a ragionare sul perché esistano gli architetti e a cosa servano, se effettivamente sono utili alla società o sono semplicemente stati creati per controbilanciare gli ingegneri.
Non è un passaggio lineare, ma la sinapsi segue i suoi percorsi, e ho concluso che l’architetto in fin dei conti…

ti propone la scala a chiocciola stretta anche se pesi 190 chili perché “è l’ultimo trend”, ti vuole passare la resina in bagno mentre tu lo guardi con gli occhioni piangenti da manga mentre abbracci una piastrella, ti buca il pavimento perché va messo il riscaldamento a terra ma tu d’inverno vuoi continuare a mettere le ciabatte di pile con le renne, ti sventra il bagno e ti fa sparire la paperella di quando eri piccolo e che ti porti appresso a ogni trasloco, snocciola colori mai sentiti quando tu hai solo i cinque primari, fa segni sulle pareti e si muove tra le macerie della tua “casa” con la grazia di un modello sulle passerelle di Milano, ti spiega un progetto ma alla terza parola già hai perso l’insieme, e allora te lo disegna, ma anche qui non si capisce niente, e allora daccapo…

Ma allo stesso tempo, lo stesso architetto…

ti riporta alla realtà quando vuoi fare pareti tutte colorate e la tua casa non è più grande di un box, ti spiega che le tende possono dividere le zone della tua reggia e non serve fare opere senza senso coinvolgendo tanti muratori che l’Expo se li sogna, ti convince che forse non è una buona idea fare tre terrazzini di tre metri per tre al posto di una finestra larga cinquanta centimetri nella casa di montagna, ti invita a non mettere necessariamente quel tavolo di cristallo con spigoli acuminati se hai almeno un bipede in casa sotto i dieci anni, e particolarmente affezionato al cioccolato, ti dice che se il tuo pavimento è rosso forse il tappeto di finta erba verde acido non fa un bell’effetto, ti fa capire come si allarga la cucina semplicemente abbattendo un pezzo di muro e di quanta luce entri togliendo le tende effetto teatro ereditate dalla nonna, ti ascolta nei tuoi dubbi, ti spiega per la decima volta quel progetto che è semplicemente una parete con davanti due scaffali ma che proprio non capisci, viene con te per assicurarsi che nella sala da pranzo bianca non ci si infilino dei cuscini coi maialini fucsia (che comunque mantengono il loro fascino)…

Ed è paziente, perché non ti parla come farebbe una normale persona dandoti del pazzo con la vista bruciata e un senso estetico pari a quello di Freddy Krueger, ma te lo spiega, lo argomenta con “trend ormai vintage”, “funzionalità materiali”, “esteticità materica”.

E tu ci credi, perché in fin dei conti ha reso la tua casa più bella.

amelie

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